Daijiro Kato, a 18 anni dalla morte

Daijiro Kato, a 18 anni dalla morte
Nico Cereghini
  • di Nico Cereghini
Oggi, 20 aprile, cade il diciottesimo anniversario della morte di Daijiro Kato. Ed è il primo che ci tocca celebrare senza il team manager Fausto Gresini, che lo ha raggiunto nel gran paddock tra le nuvole di fianco al Sic
  • Nico Cereghini
  • di Nico Cereghini
20 aprile 2021

Kato ha perso la vita il 20 aprile del 2003, quattordici giorni dopo il terribile schianto sulla pista di Suzuka e senza avere mai ripreso conoscenza. Un maledetto muro alla curva 130R, senza protezioni, in un punto che non pareva potenzialmente così pericoloso. Era il terzo giro del primo GP della stagione, la Honda di Daijiro perse il posteriore in uscita e poi riprese aderenza senza disarcionare il suo pilota: ad alta velocità la moto impostò il rettilineo puntando tutto a sinistra e Kato non riuscì a modificare la traiettoria. Fino all’impatto. Terribile.

La dinamica dell’incidente, apparentemente inspiegabile, non è mai stata chiarita. L’ipotesi più accreditata è che sulla RC 211V di Kato HRC stesse sperimentando il ride-by-wire, e che l’acceleratore sia rimasto bloccato nella posizione di massima apertura. Ma ormai, a diciotto anni di distanza, questo importa poco.

Conta la memoria. Daijiro era un pilota, un ragazzo giapponese adottato dall’Italia. Viveva a Porto Verde sulla costa romagnola, a due passi dall’autodromo di Misano. Con la moglie Makiko e i loro due bambini. Dal 2000, approdato stabilmente nel campionato mondiale, era legato al team Gresini: prima due stagioni con la NSR 250, e il titolo mondiale conquistato in modo schiacciante al secondo anno con undici vittorie. Poi la top class che quell’anno era mista: inizialmente con la NSR 500 e poi, da Brno 2002, sulla quattro tempi MotoGP.

In quel 2002 Kato vinse per la seconda volta in carriera la Otto ore di Suzuka, con Edwards e la VTR 1000. In Giappone era una star, la Honda credeva fermamente in lui: così per il 2003, mentre a Gibernau andava una moto standard, a Daijiro venne affidata una RC 211V factory, gestita in Italia. La moto che gli ha strappato la vita.

Fausto era molto affezionato a Daijiro, con Fabrizio Cecchini lo aveva praticamente adottato. Non è mai stato facile, per un nipponico, adattarsi al circus del mondiale, ma con il tempo Kato si era perfettamente integrato, parlava l’italiano, mangiava italiano, scherzava come un italiano. Come aveva saputo fare Nobu Ueda prima di lui. Ed era amatissimo.

Era nato a Saitama il 4 luglio del 1976. A lui il comune di Misano Adriatico ha dedicato il viale che porta all’ingresso dell’autodromo da Via del Carro. E la manifestazione “DediKato” è diventata una bella tradizione alla vigilia del GP, con la partecipazione di tutti i piloti. Il numero 74 (che è la data di nascita di Daijiro scritta all’anglosassone: 7/4) continua a campeggiare su tante tute, cupolini, cappellini e locali di appassionati.

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