Ducati, al Sachsenring è crisi nera. Dovizioso: "Problemi mai considerati"

Ducati, al Sachsenring è crisi nera. Dovizioso: "Problemi mai considerati"
Giovanni Zamagni
Come già successo in Olanda, anche in Germania sono emersi tutti i difetti di una moto che non ha percorrenza di curva. "Lo dico da quattro anni, è ora di cambiare strategia", dice Dovizioso. Petrucci, quarto, è d’accordo: "Più di così non possiamo fare"
7 luglio 2019

SACHSENRING - Dopo il GP d’Italia, nonostante la vittoria di Danilo Petrucci, Andrea Dovizioso era stato piuttosto chiaro: “Così non si batte Marquez, non ce la possiamo giocare con lui”. Poteva sembrare uno sfogo, una frustrazione dopo essere arrivato “solo” terzo, invece era la giusta analisi di un pilota molto preciso, che non parla a vanvera, che riconosce i meriti altrui (“Marquez più forte di me? Non sono uno sbruffone, so quanto è forte, forse uno dei più grandi di tutti i tempi. Ha delle caratteristiche uniche: non è forte, di più! E corre con una Honda. Ma non è imbattibile, non è su questo che dobbiamo focalizzarci”), uno che da anni ripete sempre la stessa cosa (“La moto non torna”, non gira).

Gli ultimi GP hanno dimostrato che il suo sfogo non era dovuto alla frustrazione di aver preso paga dal compagno di squadra e da Marquez: la Ducati è in difficoltà. Come non mai, come, perlomeno, non lo è mai stata negli ultimi anni. Il problema sembra sempre lo stesso: Ducati è convinta di avere una moto competitiva, mentre i piloti dicono che non è così. O, perlomeno, che ci sono problemi che non vengono affrontati nel modo giusto.

Dovizioso non usa giri di parole. “L’impegno dei tecnici non è in discussione, tutti lavorano giorno e notte per provare a rendere la moto sempre più competitiva. Ma dobbiamo migliorare un difetto cronico, la mancanza di velocità a centro curva che tutti i piloti, presenti e passati, sottolineano: io lo dico da quattro anni. So che la Ducati non avrà mai la percorrenza in curva delle altre moto - se così fosse, diventerebbe una moto spaziale -, ma è ora di concentrarsi totalmente su questo aspetto, che non è mai stato considerato come una priorità. Credo che adesso sarà ancora più chiaro per chi non lo era”, dice Andrea con analisi precisa, rimanendo sul vago su chi è indirizzato il messaggio.

Anche se, è evidente, il destinatario non può che essere l’ingegnere Gigi Dall’Igna, direttore generale del reparto corse: secondo il Dovi ci si è concentrati molto sulla potenza del motore, da riferimento, ma poco sugli altri aspetti.

RIUNIONE IN SETTIMANA

Nei prossimi giorni ci sarà un incontro a Borgo Panigale con i piloti e tutti gli ingegneri: secondo Andrea ci vorrà molto tempo per raggiungere certi obiettivi. “Bisogna fare una strategia: ci vuole un anno per realizzare un telaio nuovo? Prendiamoci un anno. Deve farlo anche in prospettiva futura, indipendentemente da chi saranno i piloti. Il nostro obiettivo non può essere quello di fare delle buone gare - quelle le stiamo facendo -, ma di vincere il titolo. E così non è possibile, anche perché quest’anno non c’è solo Marquez con la Honda ad andare forte, ma sono cresciute moltissimo anche Suzuki e Yamaha”.

PETRUCCI SULLA STESSA LINEA

Tre Ducati una attaccata all’altra dal quarto al sesto posto, ma a sedici secondi di distanza da Marc Marquez, confermano che la colpa non può essere dei piloti, ma che c’è un limite della moto. E’ quello che sottolinea anche Danilo Petrucci, quarto come nel 2018. L’anno scorso, però, Danilo si era giocato il podio fino a un giro dalla fine, qui non l’ha mai visto nemmeno con il binocolo.

“Io, Dovi e Miller abbiamo guidato al meglio, sfruttando la Ducati come deve essere fatto per essere veloci con questa moto. Abbiamo fatto il massimo, ma siamo al limite con la moto: tre Ducati in fila confermano che questo è il potenziale. Purtroppo, siamo troppo lontani: sia qui sia ad Assen ci siamo beccati mezzo secondo al giro” dice Danilo, che ribadisce spesso il concetto “non si poteva fare di più”.

Come se dentro al box, invece, si pensasse il contrario, si credesse ancora alla favola che con altri piloti si otterrebbero altri risultati. Non è così, ovviamente, perché campionissimi hanno preso delle gran musate con questa moto. “Non credo ci sia sfiducia nei nostri confronti - sottolinea Danilo -, ma bisogna essere consapevoli che la differenza è troppa, noi non possiamo fare più di così. Dobbiamo lavorare tutti insieme: io devo mantenere alta la concentrazione, i tecnici devono far crescere di più la moto”.

Le ultime due gare sono state devastanti per la Ducati (anche in SBK): l’aspetto positivo è che la situazione dovrebbe essere chiara a tutti. Dovrebbe.