MotoGP 2019 Australia. Sbagliato correre in Australia a ottobre

MotoGP 2019 Australia. Sbagliato correre in Australia a ottobre
Giovanni Zamagni
Certi eventi non si possono prevedere, altri sì: da sempre, piloti e team manager contestano la data di Phillip Island. Stilare un calendario della MotoGP è difficilissimo e ci sono mille parametri da tenere in considerazione, ma questo GP è da spostare. E, come sempre, i problemi si risolvono, ma non si anticipano, come invece accade in F.1
26 ottobre 2019

Fare un calendario della MotoGP è complicatissimo: bisogna tenere in considerazione mille parametri, come, per esempio, le concomitanze con gli altri eventi, soprattutto con i GP di F.1. Ma non solo.

Forse non tutti sanno che il Qatar paga (un bel po’…) per essere la prima gara dell’anno; che la Malesia ha l’accordo perché il suo sia il penultimo GP; che Valencia vuole chiudere la stagione; che ad Assen si deve correre nell’ultima domenica di giugno; che Jerez deve essere il primo GP europeo della stagione. E così via: chissà quali altri vincoli ci sono che non si conoscono.

Sottolineato tutto questo, consci di tutte le difficoltà, mettere in calendario il GP d’Australia a Phillip Island in questo periodo è una follia. Da anni si discute sullo spostamento a inizio stagione: sono d’accordo tutti, piloti, team manager, addetti ai lavori. Ma non se ne fa nulla.

Perché? L’organizzatore è lo stesso del GP di F.1 a Melbourne, che apre la stagione delle quattro ruote: non vuole che i due eventi siano ravvicinati, ha bisogno di tempo tra uno e l’altro per prepararli entrambi.

La logica direbbe che sarebbe sufficiente invertire le date, mettere la MotoGP a marzo e la F.1 a ottobre, ma, evidentemente, l’Australia ha più interesse ad aprire la stagione delle auto, piuttosto che a chiuderla. Fatto sta, che per le moto questa data è scellerata e non si può sempre sperare che vada bene.

Mancanza di programmazione

So già che chi difende l’operato della Dorna dirà: mercoledì c’erano 34°C e nemmeno un alito di vento, queste cose non si possono prevedere. Non è così: pur nel cambiamento climatico di questi anni, rimane la certezza (per il momento…) che a fine ottobre a Phillip Island si trovano condizioni non ideali per un GP in moto.

Lo sanno tutti, anche naturalmente la Dorna e gli organizzatori, ma non si riesce a risolvere questo problema, con il rischio di una situazione come quella di oggi: la caduta di Oliveira ha evidenziato bene le difficoltà di guidare una MotoGP con un vento così forte, non si poteva far altro che esporre la bandiera rossa e rimandare le qualifiche a domani mattina. Sperando, naturalmente, che il meteo sia più clemente.

Ma che oggi le condizioni sarebbero state problematiche lo si sapeva da ieri, quando l’Irta, l’Associazione dei Team, ha diramato a tutte le squadra un messaggio di allerta, ricevuto dal meteo australiano, per rinforzare tutte le strutture mobili, proprio perché era stato previsto un vento fortissimo.

Nonostante questo, però, non si è pensato a un piano 'B': in MotoGP, i problemi vengono affrontati e spesso risolti al meglio, mai mai prevenuti. Pensiamo a quanto è accaduto due settimane fa in F.1: a Suzuka era previsto il passaggio di un uragano e da giovedì era stato ufficializzato un dettagliato programma alternativo nel caso - come poi è accaduto - che si dovesse annullare la giornata di sabato.

Ecco, questo in MotoGP non accade: da ieri era chiaro che il meteo oggi avrebbe creato parecchie difficoltà, ma non è stato fatto nessun piano 'B', si è aspettato per vedere cosa sarebbe accaduto. E’ successo che Miguel Oliveira è caduto a oltre 300 km/h, fortunatamente senza gravi conseguenze. Ma non è questo il modo di fare per un campionato di altissimo livello come quello della MotoGP.