MotoGP, aree verdi a grip ridotto? Jarno Zaffelli dice sì, ma...

MotoGP, aree verdi a grip ridotto? Jarno Zaffelli dice sì, ma...
Nico Cereghini
  • di Nico Cereghini
La nostra proposta, lanciata da Bernardelle, è quella di verniciare le aree asfaltate esterne al tracciato con vernici a grip ridotto, per uscire così dal pasticcio delle uscite e delle penalizzazioni. "Il problema è l’omogeneità", dice il progettista di piste
  • Nico Cereghini
  • di Nico Cereghini
15 settembre 2020

Jarno Zaffelli, reggiano, classe 1976, è tra i principali disegnatori di autodromi internazionali e collaboratore per gli interventi recenti sugli impianti del Mugello, Imola, Portimao. Lo raggiungiamo al telefono proprio mentre coordina con la sua società di ingegneria, la Dromo, i lavori per la completa riasfaltatura della pista di Portimao, da terminare entro fine mese, “con particolare attenzione - dice - alla curva 5 dove in SBK abbiamo visto molte cadute”.

Che ne pensa, un progettista di circuiti come Zaffelli, della nostra proposta, lanciata da Giulio Bernardelle sul sito? I lettori già la conoscono, è quella delle “aree asfaltate a grip ridotto all’esterno delle curve”, che il nostro ingegnerone ha illustrato bene nel suo articolo del 3 settembre, con l’obiettivo di uscire dal proliferare degli sconfinamenti dei piloti di moto sull’asfalto all’esterno del tracciato, problema legato poi alle discusse sanzioni del FIM Panel guidato da Freddie Spencer.

La telefonata è un po’ difficoltosa, frastuono di ruspe al lavoro sullo sfondo, cicalini di retromarcia; il lavoro ferve, ma Jarno Zaffelli è molto disponibile. Premette che la sua pista ideale è quella dove il pilota non può andare oltre il cordolo, solo erba e ghiaia, e che il Mugello è vicino a quell’ideale (a parte curva 2 e 3), molto ben bilanciato tra sicurezza e razionalità.

“La proposta di Bernardelle ha senso - ci dice subito - e in teoria sarebbe anche percorribile. La difficoltà secondo me è quella di trovare omogeneità nella realizzazione prima, e nei controlli poi. In giro per il mondo sui circuiti ci sono tanti e diversi asfalti, molti tipi di cemento, diversi sistemi di posa della vernice: a spruzzo, che è la miglior soluzione come al Mugello e a Imola dove sono attrezzati, altrove il rullo. Otterresti risultati molti differenti, rese diverse, grip diversi e i controlli della federazione sarebbero quasi impossibili. E poi c’è un altro problema…”

La manutenzione dice Zaffelli - perché la vernice decade nel tempo, specialmente in pista, specialmente sulle traiettorie.

“Il caso del Paul Ricard è emblematico: quella è la pista più asfaltata che esista. Ebbene, le vie di fuga al Castellet vanno riasfaltate nove o dieci volte l’anno, e ogni volta sono 4 o 5 millimetri di spessore; finisce che per rispettare i livelli e le pendenze vanno scrostate spesso, con costi e problemi ulteriori”.

Zaffelli aggiunge che oggi, per l’asfaltatura delle piste, non esiste nemmeno la definizione del coefficiente d’attrito da parte delle federazioni. Non c’è un coefficiente stabilito: sia per “questioni legali”, sia per le enormi difficoltà di controllo. Alla fine occorre fidarsi dei professionisti locali… Insomma, tutti gli standard sono difficili da determinare come da far rispettare.

Degli sconfinamenti fuori pista sono anni che se ne parla, in F1: il problema nacque quando la FIA chiese di posizionare l’erba sintetica oltre il cordolo.

“Si voleva - racconta Zaffelli - un’erba sintetica omologata che si chiamava Astroturf, tipo quella che vedi al Montmelò di Barcellona. Ma tutto divenne presto complicatissimo, alcuni circuiti utilizzavano erba sintetica di tipi diversi, costruiti nei vari Paesi, con diverse reazioni al variare della umidità. A tutt’oggi il tema dell’erba sintetica è un problema, a Spa per la F1 è stata appena eliminata, ed è anche costoso: c’è un mio cliente (Zaffelli non fa nomi, ma è una pista italiana n.d.r.) che spende 80.000 euro l’anno solo per la manutenzione e la sostituzione dell’erba sintetica danneggiata”.

E così la verniciatura delle aree esterne e delle vie di fuga è diventata la soluzione. Qualche nostro lettore suggerisce allora, se non si interviene altrimenti, l’introduzione di sensori, magari anche capaci di tagliare la potenza delle moto. Sarebbe bello, ma è fantascienza?

“In F1 i sensori ci sono già - puntualizza Jarno - li stanno già utilizzando per il controllo certo e documentato degli sconfinamenti fuori pista: c’è una squadra che arriva dieci giorni prima sul circuito e piazza le antenne nei punti definiti in accordo con la FIA. Praticamente in ogni curva”.

Di fatto, i sensori hanno sostituito (per esempio alla curva 9 e 10 del Red Bull Ring) i dissuasori: se il pilota va oltre (nel caso loro con le quattro ruote), il sistema registra lo sconfinamento e scattano prima gli avvertimenti e poi le eventuali penalità.

“Tecnicamente - conclude Zaffelli - credo che sarebbe possibile anche il taglio della potenza determinato dai sensori, ma realizzare la cosa è molto complesso. Tanti aspetti sarebbero da verificare: intanto, l’antenna rivela il trasponder e non il veicolo, quindi non sarebbe in grado di stabilire se la moto è piegata e dove passano le ruote; poi il trasponder oggi non è certamente collegato alla centralina del motore per apportare eventuali tagli della potenza, come suggerito. Dorna dovrebbe implementare il sistema su tutte le moto, per tutte le classi…. Magari in futuro ci arriveremo, è probabile, la tecnologia esiste. Ma in una fase difficile come questa, è escluso”.