MotoGP. Yamaha: ha vinto più di tutti, ma non basta

MotoGP. Yamaha: ha vinto più di tutti, ma non basta
Nico Cereghini
  • di Nico Cereghini
Tra i tanti temi trattati nel nostro ultimo DopoGP, c'è stato anche quello che ha riguardato come il reparto corse Yamaha stia lavorando sulla M1 per rendere più costanti le prestazioni dei piloti. Il nostro ingegnere Giulio Bernardelle chiarisce in DopoGP quali sono le possibili direzioni dello sviluppo. Il congelamento non aiuta, ma molto si può fare
  • Nico Cereghini
  • di Nico Cereghini
27 gennaio 2021

Sette vittorie per Yamaha nella stagione 2020. Nessuno ha vinto di più, ma il titolo piloti è andato a Mir con la Suzuki e il titolo costruttori, complice la penalizzazione, lo ha vinto la Ducati. Il bilancio della Yamaha fa discutere gli appassionati: colpa dei piloti, colpa della moto e delle gomme? Non aiuta nemmeno la considerazione che per Valentino Rossi si è trattato della peggiore stagione di sempre: un solo podio in quattordici gare e il quindicesimo posto finale. E i due piloti ufficiali 2021, Vinales e Quartararo, sono stati tra i meno costanti del campionato.

Wilco Zeelemberg, il team manager di Petronas che dopo due stagioni lascia andare Quartararo verso il team interno, in una intervista su Speedweek, non nasconde la propria delusione; l’olandese credeva che Fabio potesse essere più costante: dopo un 2019 concluso in crescendo ma senza vincere un solo GP, nel 2020 ha fatto il contrario con tre successi e nessun altro podio. Preoccupante? Wilco sostiene che la moto 2020 era “nuova di zecca” e su molte piste e in determinate situazioni si è comportata in modo inatteso. La squadra ha cercato di trovare un assetto che permettesse al pilota di sentirsi a proprio agio, ma purtroppo non ci sono riusciti.

E’ qui che interviene, nel nostro DopoGP live di martedì 26 gennaio, il nostro Giulio Bernardelle. Come può e deve cambiare la M1 per quest’anno? Cosa vedremo di nuovo nei test dei primi di marzo in Qatar?

La situazione più paradossale della MotoGP

“Questa - ha detto l’ingegnere veneto - mi pare la situazione più paradossale della MotoGP: la M1 è la moto che ha vinto più di tutti ma anche la moto che ha il margine di sviluppo più piccolo di tutti, perché il motore non è sviluppabile e ha avuto i noti problemi di affidabilità”.

Mani legate dunque sul piano motoristico?

“Anche se le parti sigillate non si possono toccare, qualche intervento si può comunque fare, in particolare su scarico e respirazione: probabilmente vedremo uno scarico più lungo, simile a quello della Suzuki, per riempire l’erogazione e la spinta in basso”.

La passata stagione è stata segnata per Yamaha dal problema delle valvole, con il pasticcio regolamentare legato al cambio di fornitore e alla perdita di punti dopo Jerez2. Come può essere superato l’impiccio?

“Che il problema fosse legato al fornitore è un aspetto che capisco poco, sul piano tecnico: il regolamento fissa dei parametri di forma e geometria, cosa importa da chi arriva il pezzo? Il punto è che forse solo quel fornitore riesce a produrre quel tal pezzo, e se Yamaha non lo può utilizzare allora dovrà far lavorare il motore su un regime più basso. Insomma, se dovrà perdere 500 giri in alto riempiranno l’erogazione più in basso”.

E sul piano ciclistico quali interventi richiede la M1?

Nel 2020 si è rivista una eccellente ciclistica, migliore delle ultime stagioni. E qui Yamaha può fare il contrario di Suzuki: hanno molta pressione sulle gomme e le fanno lavorare molto, in alcune occasioni hanno avuto problemi anche sull’anteriore, col pneumatico in crisi per surriscaldamento. Sarà stato oggetto di lavoro nel reparto corse: l’obiettivo è cercare, all’opposto di Suzuki, una ciclistica leggermente più morbida, sia nella rigidezza del telaio sia a livello sospensioni”.

Perché il punto è che, in generale, la pressione sulle gomme aumenta con l’aumentare della rigidezza. Ma quanta di quella pressione va tolta, in casa Yamaha? Un bel problema, perché simulare questo effetto è praticamente impossibile ed oggi, senza i test, manca al reparto corse l’unica verifica completa: quella del pilota.