Nico Cereghini: “Troppi fuori di testa nelle gare di moto?”

Nico Cereghini: “Troppi fuori di testa nelle gare di moto?”
Nico Cereghini
  • di Nico Cereghini
Dalla MotoGP alla SBK sembra di assistere a un flop dopo l’altro: piloti che sbroccano, squadre che saltano, ripescaggi di talenti già bocciati… Troppi errori tra i manager? Forse le cose sono più complicate di quello che sembra…
  • Nico Cereghini
  • di Nico Cereghini
23 agosto 2021

Ciao a tutti! Bautista in SBK che dalla Honda torna sulla Ducati al posto di Redding, che a sua volta lascia la Panigale V4R quando pare sia finalmente arrivato a capirla.
E in Moto GP Vinales che si mette a fare il matto e molla la miglior Yamaha degli ultimi cinque anni per saltare sull’Aprilia che ancora cerca il primo podio: e la miglior Yamaha che si ritrova un pilota solo, per fortuna in gran forma, sennò… Ma cosa succede nelle corse di moto?

Sarebbe facile concludere (come del resto si fa sbrigativamente sui social): sono tutti dilettanti allo sbaraglio. E ok, per i piloti possiamo anche dire che non basta essere dei professionisti ben pagati per trovare un equilibrio perfetto, la pressione è enorme e i rischi sono tanti.
Ma per quanto riguarda i manager - da Lin Jarvis a Paolo Ciabatti - parliamo di professionisti di grande esperienza, gente che da anni gode della fiducia di gruppi internazionali… Evidentemente governare oggi piloti e squadre è molto difficile. Più difficile anche rispetto al passato.

Restiamo per un attimo sulla MotoGP.
Per Yamaha è certamente un mezzo fallimento perdere un pilota su cui si è puntato tanto, come Maverick; ma anche perdere un team satellite di assoluto riferimento (che ridimensiona il suo impegno dopo un biennio 2019-2020 eccezionale) e non essere di fianco a Valentino nel nuovo team VR46. Rossi per Yamaha è una bandiera: che cosa è andato storto?

Lin Jarvis è un grande manager e tale per me resta, oggi basta sbagliare la tempistica, magari anche per pochi mesi, e tutto salta per aria.

Perché oggi sta cambiando tutto. Al pilota servivano due stagioni per prendere le misure alla MotoGP, una stagione per arrivare al top con una moto nuova (anche di più se è una V4…).

Invece la Moto2 si sta rivelando un’ottima scuola e i riferimenti saltano. E c’è il problema dello stress. Da sempre si diverte soprattutto chi vince, ok, ma attualmente succede che, se un pilota esplode in tutto il suo talento, il compagno di squadra letteralmente sprofonda. Vinales in Yamaha, Rins in Suzuki, ma anche Pol Espargaro alla Honda. In Ducati vedo l’unica eccezione, e però Martin comincia a fare guai…

In SBK il balletto dei piloti è sorprendente. Vedo dai commenti che pochissimi tra i nostri lettori darebbero ancora fiducia ad Alvaro Bautista, 37 anni a novembre e due anni di sofferenza in Honda. Così come non convince del tutto Rinaldi (ma un secondo anno è doveroso). Il punto è: come fanno in Ducati a dimenticare quelle 11 vittorie consecutive di Bautista del 2019, primato nella storia delle derivate? Se mi metto nei panni dei vertici Ducati, dopo aver visto le difficoltà di Chaz Davies e di Scott Redding - che pure arrivava dal netto successo nel BSB e conosceva la Panigale quattro cilindri - la tentazione di puntare sul cavallo vecchio verrebbe anche a me. L’alternativa è il salto nel buio.

Me li vedo, nelle loro riunioni a Borgo Panigale. “Non ci facciamo una gran figura a tornare su Alvaro… ok, ma chissenefrega, quello che conta è il risultato… Va bene, ma se poi scopriamo che ricomincia a cadere come nella seconda parte del 2019? … No, ma lì forse abbiamo fatto qualche errore anche noi…”

Insomma, trovo giusto che in Ducati si tenti di tutto e anche di più per tornare al titolo della SBK: se occorre digerire qualche rospo, facciamolo.
Perché l’ultimo titolo piloti conquistato in SBK con una rossa risale a ben dieci anni fa, al 2011, per merito di un altro spagnolo, Carlos Checa.
Quella volta la moto era la 1098 R ufficiale affidata all’esterno, al team Althea di Genesio Bevilacqua.

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