Bautista: “Honda mi ha fatto sentire importante”

Bautista: “Honda mi ha fatto sentire importante”
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Ospite a “MotoGP Round Table”, Alvaro spiega cosa è accaduto nel 2019 con Ducati, perché ha deciso di passare alla HRC. Il pilota spagnolo fa anche un interessante paragone tra Bridgestone, Michelin e Pirelli: “Le gomme della SBK sono le migliori”
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1 giugno 2020

Alvaro Bautista è stato ospite alla trasmissione “MotoGP Round Table”, sull’omonimo canale YouTube, condotta da Franco Bobbiese, con Mat Oxley (Gran Bretagna), Michel Turco (Francia), Manuel Pecino (Spagna, pecinogp.com) e Giovanni Zamagni (moto.it). Ecco cosa ha detto Bautista.

Hai guidato V4 Suzuki, Honda, Aprilia e Ducati in MotoGP; V4 Ducati e 4 in linea Honda in SBK: ci puoi spiegare le differenze?
“Dopo aver sempre usato un motore V4, adesso, per la prima volta, la mia Honda ha un quattro cilindri in linea. E’ un progetto completamente nuovo, non solo per il motore, ma io sento una grande differenza nel 4 cilindri in linea. Tutti dicono che il 4 in linea è più facile da guidare; io, sinceramente, non so dire se è più facile o difficile, sicuramente è differente. Per me è più simile a un 2T, con una risposta immediata del gas, mentre il V4 ha una risposta più dolce. Devo adattare il mio stile di guida, è un po’ più complicato di quanto mi aspettassi”.

Sei l’unico ad aver guidato 4 MotoGP differenti: qual è stata quella che ti è piaciuta di più?
“Fare un paragone è difficile, perché ogni anno le moto cambiano molto. Per me, la moto che aveva più potenziale era la Suzuki, anche perché potevo lavorare a stretto contatto con la fabbrica. Io ero al debutto in MotoGP, dovevo imparare tutto, ma nella seconda stagione andai forte in inverno, ma mi feci male alla prima gara a una gamba. Peccato, credo che si poteva fare molto bene: mi sarebbe piaciuto avere più tempo con la Suzuki, che però si ritirò. Poi, l’anno successivo passai alla Honda, con il motore 1000, tutto differente e la moto era già ad ottimo livello. Aprilia: il primo anno era una moto da strada, poi alla fine del secondo anno potevo lottare per fare sesto, settimo. Con Ducati non avevo una moto ufficiale, ma quando ho usato la Desmosedici di Lorenzo in Australia, mi sono accorto di un grande potenziale: è stato incredibile superare in rettilineo un sacco di piloti…”.

Hai usato le gomme Bridgestone, Michelin e Pirelli: puoi fare un paragone e spiegarci come è cambiato lo stile di guida?
“C’è una grande differenza tra i tre costruttori. Bridgestone aveva il suo punto forte nella gomma anteriore: avevi un gran feeling, potevi spingere forte dall’inizio alla fine, avevi una gran velocità di percorrenza. Era però difficile gestire il posteriore, ci volevano dei giri per scaldarlo, se spingevi subito uscendo dai box, cadevi senza poter fare nulla, improvvisamente. Poi hanno migliorato. Con Michelin è l’opposto: hai grande feeling con il posteriore e poca fiducia nell’anteriore. La gomma dietro spinge molto sul davanti e lo mette in crisi e le moto erano fatte per le Bridgestone: con le Michelin bisogna fermare la moto molto prima di entrare in curva. Con le Pirelli le sensazioni sono completamente differenti: all’inizio mi sembrava che la moto si muovesse molto, ma al di là di questo hai grande feeling con la moto. Senti l’anteriore, senti il limite, senti quando stai perdendo il davanti: io le preferisco, vanno bene in qualsiasi condizione, caldo, freddo, misto. Non so se è perché Bridgestone e Michelin sono fatte per moto prototipi e quindi devono essere più rigide, ma con Pirelli mi sento molto più a mio agio”.

Torniamo al 2019: non abbiamo capito cosa è accaduto. Sei partito fortissimo, hai vinto a ripetizione, poi non vincevi più, quindi sei tornato a vincere… E poi, qual è stato il punto forte di Rea?
“All’inizio è stato una sorpresa quando ho vinto tante gare di fila e poi è stata una sorpresa avere tutti quei problemi… All’inizio non ho fatto cambiamenti, cercavo solo di capire la moto: quando abbiamo iniziato a provare sulla moto tante cose per migliorare, abbiamo perso la strada, ho perso un po’ di confidenza, poi c’è stato l’incidente di Laguna Seca con problemi a una spalla. Non avevo più la stessa confidenza; poi in alcuni circuiti siamo riusciti a trovare il giusto assetto, ma abbiamo faticato. Per quanto riguarda Rea, è stato bravo all’inizio, quando io vincevo, a rimanere calmo, cercando di arrivare sempre secondo. Ha preso confidenza in se stesso e nelle moto, ha tanta esperienza e ha sfruttato al meglio i circuiti che io non conoscevo. Ci son stati diversi fattori: noi abbiamo perso la linea e lui è stato molto paziente”.

In SBK voi avete tre GP in due giorni: quanto è differente dallo schema della MotoGP? Second te, fare due GP sullo stesso circuito, come farà quest’anno la MotoGP, cambierà qualcosa?
“La differenza è grande: è stato strano, perché all’inizio per me il sabato era per le qualifiche, non ero preparato per la gara… Ma mi piace molto di più questa schema, perché hai subito la possibilità di una rivincita: se fai un errore in una gara, hai la possibilità di rifarti immediatamente. Dal punto di vista fisico cambia poco, ma c’è grande differenza sotto l’aspetto psicologico: in SBK devi subiti “resettarti” dopo una gara, non puoi né avvilirti né esaltarti troppo, perché ti devi preparare alle manche successivi. Per quanto riguarda la MotoGP, non credo che cambierà tanto”.

Nel 2019 sei partito forte e, inevitabilmente il titolo è diventato l’obiettivo; quest’anno credo sia un po’ differente, cambiano le prospettive?
“Questo è un progetto nuovo: per vincere gare e campionato dobbiamo sviluppare la moto. Abbiamo bisogno di più tempo, ma il potenziale è alto. Se inizierà la stagione potremmo avere uno svantaggio, avendo tanto materiale nuovo, ma la HRC sta lavorando forte, anche in base ai dati raccolti in Australia”.

Quanto è coinvolta Honda in SBK?
“E’ tornata nel mondiale perché è molto importante questa nuova moto. Sono parecchio coinvolti in questo progetto, la base del team è lo stesso della MotoGP: loro vogliono vincere, stanno spingendo forte, mi hanno assicurato che stanno lavorando per questo”.
 

Sappiamo che non è facile per un pilota stare in Ducati, ci son sempre problemi; cosa è successo con te, perché hai deciso di andare alla Honda?
“Ero molto contento con la mia squadra: credo che il team Aruba potrebbe fare molto bene anche in MotoGP. Li voglio ringraziare per tutto quello che hanno fatto per me. Ho deciso di cambiare, perché Honda mi ha motivato moltissimo, hanno mostrato grande fiducia in me, mi hanno fatto sentire importante per vincere, mi hanno coinvolto nel progetto. Mi spiace per il team Aruba, ma siamo piloti e dobbiamo pensare a noi stessi: in quel momento per me la Honda era la scelta migliore”.

Suggeriresti a Petrucci di passare in SBK?
“Quando ero in MotoGP, quando Dall’Igna era in SBK, mi chiamava tutti i giorni per andare a correre lì. Ma io pensavo solo alla MotoGP. Adesso che sono in SBK posso dire che il campionato è differente: né migliore né peggiore, solo differente. In SBK ho vinto, ho ritrovato grandi stimoli: non so cosa pensa Petrucci, ma sicuramente è un bel campionato”.

Hai programmato di correre la 8 ore?
“Non ancora. Per il momento Honda non mi ha chiesto nulla, ma se lo facesse ci penserò, perché credo che ogni pilota debba farla almeno una volta”.