Superbike, la Ninja di Rea davanti alla RC213 di Bradl. Ci risiamo?

Edoardo Licciardello
  • di Edoardo Licciardello
Come spesso avviene, nei test invernali una SBK sta davanti alla GP. E come sempre succede, alimenta (solo) chiacchiere da bar. Il giro onboard di JR sulla nuova Ninja
  • Edoardo Licciardello
  • di Edoardo Licciardello
19 novembre 2020

Curiosamente succede quasi sempre sul tracciato di Jerez. Ogni anno, nei test invernali, qualche Superbike - tipicamente quella di Jonathan Rea, per evidenti motivi, ma si sono viste anche le Ducati - stacca un tempone più basso delle MotoGP. È successo ieri, quando Jonathan Rea, presumibilmente in sella a una ZX-10RR ibrida, con il motore 2021 inserito nel pacchetto 2020, a fine giornata ha preceduto tutti. Anche Stefan Bradl, che era lì in sella alla Honda RC 213V MotoGP.

E quindi, come sempre accade, il provincialismo galoppante tipico del vero appassionato di moto, quello che non si ferma al mero spettacolo della MotoGP, ma conosce ogni nuance dello sport motoristico, esce con commenti fra il sarcastico e il trionfale. Sottolineando, naturalmente, come le MotoGP siano una farsa, se una moto il cui solo leasing costa svariati milioni di euro non riesce a girare più forte sempre e comunque - e di svariati secondi - di una moto che chiunque può comprare dal concessionario.

Non bastano nemmeno le parole dello stesso Rea, che contestualizza bene quei 15 millesimi ammettendo di aver voluto chiudere la giornata con la zampata e come invece Bradl non fosse certo lì per fare il tempo. Niente da fare: bisogna fare gli snob - risultando però, appunto, ignoranti e provinciali - e cercare un'ipotetica truffa o inutilità dietro al vortice di denaro impiegato nello sviluppo delle MotoGP.

Prima di cominciare, vi invito a fare come me un bel respiro e andare a rileggervi questo, tanto per contestualizzare un po' di cose riguardo alle differenze tecniche - soprattutto in materia di gomme - fra MotoGP e Superbike. E poi andiamo.

Gomme da qualifica vs. gomme da gara

In MotoGP la gomma da qualifica non esiste, anche se a volte la rapidità del decadimento di certe soluzioni usate in gara potrebbe lasciarlo intendere. Tornando seri, in SBK invece sì: oltre a SCX, SC1, SC2 ed SC3, Pirelli produce anche il posteriore da qualifica - ogni pilota dispone di UNA sola gomma di questo genere per la Superpole - che non concede seconde possibilità, ma offre un grip pazzesco per un giro o giù di lì. Un vantaggio che, vi basta osservare una sessione di QP della Superbike, al netto di errori del pilota da solo costituisce un vantaggio pressoché incolmabile.

Si, vabbè - direte voi - ma allora che senso ha per Rea montarla in una sessione di prove come questa? Facile: stante il fatto che probabilmente la ciclistica della Ninja 2021 sarà vicinissima - se non identica (per un sacco di ottimi motivi), a quella del modello 2020 - a verificare il comportamento della gomma con motore ed elettronica 2021. Poi, naturalmente, il fatto che Johnny sia un pilota come tutti gli altri: finire una giornata davanti, anche se non ci sono punti in ballo, non è che non gli dia soddisfazione. E infine, psicologicamente, vale sempre la pena ribadire come il re sia ancora lui, e nemmeno sei titoli abbiano placato la sua fame.

Al contrario, Bradl doveva sicuramente confrontare diverse soluzioni per verificarne l'efficacia, e certo non rischiare di lanciare in tribuna la moto, vanificando un lavoro di sviluppo ancora più prezioso perché comunque contingentato. Attività che richiede pneumatici dal rendimento più costante possibile, in maniera tale da consentire la maturazione del giudizio su più tornate e, potenzialmente, sulla stessa moto alternando le due soluzioni.

Insomma, già così il confronto non fa assolutamente testo. E anche facendo finta di ignorare le conseguenze legali di una simile operazione, non si potrebbe nemmeno fare un test mettendole a parità di gomme: con ogni probabilità le Pirelli - pensate per moto completamente diverse in termini di rigidità ed erogazione - risulterebbero con ogni probabilità troppo deboli nella carcassa per sopportare i carichi in frenata, accelerazione e percorrenza di cui sono capaci, e anzi richiedono le MotoGP.

Allo stesso modo, una Superbike forse non riuscirebbe nemmeno a mantenere in temperatura ottimale le Michelin delle MotoGP, pensate per subire i suddetti carichi per lavorare correttamente. Prova ne sia il fatto che a suo tempo, con le CRT, Bridgestone dovette sviluppare un posteriore appositamente pensato per i propulsori derivati di serie. E nota bene: quei motori avevano gli stessi o più cavalli delle Superbike attuali, vincolate ad un regolamento sempre più restrittivo nell'ultimo decennio.

Quindi, stanti i due postulati di cui sopra, ne deriva come il confronto non sarebbe mai valido: un confronto all'americana vedrebbe una delle due comunque penalizzata. E dal punto di vista della gomma, su una pista come Jerez - tutta percorrenza - la Superbike sul giro secco gode di un vantaggio notevole. Il solo fatto che una MotoGP, con gomme dure e senza cercare il tempo riesca a girare sugli stessi tempi senza sfruttare la superiorità motoristica, dovrebbe dare un quadro preciso della situazione.

Ma anche questo non basterà, certo. Perché la questione rimane aperta: una Superbike costa una frazione di una MotoGP. Ammesso che sia vero, certo...

Ma passiamo alle moto

Vediamo un attimo di cosa stiamo parlando. Anche se le Superbike di oggi sono ben lontane dalla... distanza che avevano con i modelli di serie in alcune altre occasioni della storia della SBK (a turno, quasi tutte le Case hanno utilizzato dei veri e propri prototipi, integralmente o per singole soluzioni tecniche) è altresì vero che fra la pur raffinata versione R, RR, SP, Factory o qualsivoglia sigla vogliate mettere tipicamente dopo la cilindrata, e la moto ufficiale c'è un bel solco.

Non solo: la definizione "moto ufficiale" ha un significato preciso. Significa che viene sviluppata direttamente dalla casa costruttrice, con budget completamente diversi da quelli alla portata di un team, privato o satellite che sia. E non è affatto un caso se Kawasaki, l'unica casa che ha scelto di concentrarsi unicamente sulla SBK abbandonando il progetto MotoGP, sia quella che da anni raccoglie i frutti migliori. Certo, Jonathan Rea ci mette tanto del suo, la squadra è una macchina da guerra, ma anche qui, significa che la Casa investe tantissimo su di loro.

La differenza con le moto dei team satellite o supportati c'è. Il budget di questi è infinitamente inferiore - non hanno dietro la Kawasaki Heavy Industries, dopotutto - e nonostante nessun pilota sano di mente, con tutto il rispetto, potrebbe sostenere che le moto messe in pista dal team Puccetti vadano più forte delle ufficiali, la differenza all'atto pratico, in pista, si riduce a qualche decimo, se non centesimo di secondo nonostante un costo nettamente inferiore. Già capito dove voglio arrivare?

Circa dieci anni fa, un collaudatore della MotoGP fra una chiacchiera e l'altra nel corso di un evento stampa quantificò in circa 250.000 euro il budget necessario a una casa per migliorare di un decimo il tempo sul giro di un prototipo. Puro costo di sviluppo, che peraltro ha un andamento asintotico: due decimi costano più o meno il doppio, mezzo secondo - ipotizzo - probabilmente costa circa sui 5 milioni di euro, perché la difficoltà è sempre crescente. È come l'abilità nel pilotaggio: togliere i secondi quando si ha appena iniziato e si va piano è facile, ma diventa progressivamente più difficile. Fino a quando non si arriva alla constatazione, come amava sottolinare Agostini, che levare gli ultimi decimi è la cosa più difficile del mondo.

Nello sviluppo delle moto non è molto diverso. Levare un decimo su una MotoGP costerà oggi una cifra diversa da allora, ma delle due costerà ancora di più, e questo da solo spiega bene perché, giunti al vertice prestazionale di un mezzo a due ruote, il costante sviluppo di cui sono oggetto comporta costi astronomici. Ed ecco perché le moto, in leasing, costino qualche milione ciascuna.

E per la Superbike? Beh, liberando le mani al regolamento la cosa diventerebbe più facile, certo. Si potrebbero sviluppare ciclistiche più rigide, motori più potenti, usare sospensioni più raffinate e costose - le gomme si adeguerebbero, non abbiamo dubbi - ma con ogni probabilità, sorpresa, sorpresa, alla fine sarebbero delle MotoGP e il costo dell'operazione, nella migliore delle ipotesi (anche senza considerare l'impatto industriale di una costante riprogettazione di un modello di serie, che già da solo farebbe saltare il banco) sarebbe lo stesso.

Non so chi sia arrivato a leggere fin qui, ma per come la vedo io, pur senza avere la pretesa di mettere la parola fine alla diatriba, la conclusione è chiara. Una Superbike non potrà mai, geneticamente, risultare più veloce di una MotoGP a meno di non voler inserire una quantità di se e ma nell'equazione da invalidare completamente il test. La cosa, però, non è da considerare una vergogna per una Superbike, anzi. Pensare che, con tutti i compromessi necessari a mantenere la derivazione dalla serie, le SBK siano in grado di contenere in qualche secondo la differenza dai prototipi è semplicemente stupefacente.

E pensare che con poche modifiche (i famosi freni in carbonio e gomme) si possa arrivare a uguagliarle che è semplicemente pia illusione. Se ci credete, non avete capito niente di quello che dice Agostini.